Il tema della scuola da sempre cattura la mia attenzione. Per una serie di motivi.
Innanzi tutto perché mi appassiona tutto ciò che riguarda il mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, del quale l'istruzione riveste un ruolo fondamentale. E poi perché mi interessa analizzare l'evoluzione del sistema scolastico. Come è cambiato negli anni il ruolo dell'insegnante, quale evoluzione ha avuto il rapporto docente - discente, come i genitori degli alunni valutano la figura dei professori e come questa valutazione possa incidere sul modo dei figli di rivolgersi a questi. Tanto per citare alcuni esempi.
In questi giorni sono molti i feedback che ho ricevuto e che mi hanno portata a riflettere sul l'istruzione pubblica in Italia.
Primo su tutti l'ambitissimo "concorsone", al quale hanno preso parte i circa trecentomila aspiranti insegnanti che ambiscono ad una delle quasi dodicimila cattedre messe a disposizione dal MIUR.
Il secondo - e probabilmente per qualcuno meno nobile dei tre - la visione del film, datato 1995 e ispirato al romanzo autobiografico "My posse don't do their homework" di LouAnne Johnson, "Pensieri pericolosi. Dangerous minds". (Lo ammetto, la figura del professore alla "L'attimo fuggente" mi da una carica pazzesca. Vorrei essere io quella persona per qualcuno!)
Terzo, il commento del Direttore del TG di La7 Enrico Mentana su Twitter a "La più bella del mondo", il monologo di Roberto Benigni andato in onda nella prima serata di Rai Uno di lunedì 17 dicembre, nel quale il comico fiorentino ha raccontato la Costituzione italiana. Twitter che cita: "Quand'ero ragazzo la Costituzione si studiava col prezioso Bobbio-Pierandrei. Se ora ci vuole Benigni per scoprirla la scuola va proprio male".
La breve riflessione che voglio condividere è che, a mio avviso, quella dell'insegnamento - qualunque sia il grado in cui viene esercitata - è una pratica che non può essere ridotta alla mera attività di trasmissione di nozioni da un insegnante ai suoi allievi sulla base di un programma didattico stabilito a livello nazionale.
L'insegnante dovrebbe essere qualcosa di più nobile di un semplice funzionario statale dato che ha un potere nelle sue mani di cui a volte non è pienamente consapevole: quello di formare gli adulti di domani.
Dovrebbe perciò essere prima di tutto una persona appassionata della materia che insegna e del mestiere che si appresta a fare. Perché solo con la passione si trasmette qualcosa che viene non solo appreso dall'alunno sul momento e per quel momento ma interiorizzato, coltivato, ricordato nel tempo.
Ma soprattutto una persona che abbia rispetto per le categorie sociali con cui entra in contatto (bambini, ragazzi, adolescenti); che riconosca l'effettivo valore del ruolo che ricopre e ne sappia fare buon uso.
Il suo compito dovrebbe essere non solo quello di educare i ragazzi alla letteratura, alla matematica, alla storia, alla geografia ma alla vita. Far capire loro che la cultura è uno strumento che gli permetterà di essere consapevoli del mondo che li circonda, di riflettere sul genere di persona che vogliono essere e reali artefici del proprio destino.
Dovrebbe infondere nelle loro menti il concetto che andare a scuola non è un obbligo noioso a cui sono stati costretti dai "grandi" ma un'occasione di crescita di cui dover fare tesoro perché solo la conoscenza produce ragionamento, attiva la mente, genera nuove idee.
"E ora, miei adorati, imparerete di nuovo a pensare con la vostra testa, imparerete ad assaporare parole e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo."
